Accusa a Huawei. Non è la prima, forse non sarà l’ultima. In ogni caso questa volta è la Lituania a muoversi contro Huawei. L’accusa: il colosso cinese utilizza funzionalità interne agli smartphone per spiare il comportamento degli utenti. L’intento è impedire che vengano scaricati contenuti malvisti da Pechino.
Huawei, insieme alle altre aziende cinesi leader nel mercato delle telecomunicazioni, è da anni sotto il mirino delle autorità mondiali per problematiche di cybersicurezza.
Basti pensare alle diverse posizioni politiche ed economiche assunte dai vari Paesi nei confronti dell’adozione di infrastrutture cinesi per il 5G.
In Gran Bretagna ad esempio è frequente la disinstallazione di apparecchiature per il 5G di marca Huawei. Per non parlare, poi, della politica statunitense a questo riguardo che mal digerisce le decisioni ‘intermedie’ di alcuni stati europei come l’Italia.
Ultimamente però anche il governo italiano sta muovendosi con maggior cautela in ambiti strategici come le telecomunicazioni, consapevole del rischio derivante dalla delega di questi settori ad una potenza straniera.
Da questa visione nasce la normativa Golden Power e il Perimetro di Sicurezza Nazionale Cibernetica.
L’Accusa a Huawei ha il sapore di una scelta politica da parte della Lituania, ma non si possono negare i dubbi instillati da certe scelte aziendali.
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