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IA: dal 10 ottobre nuove regole in Italia. Ecco cosa cambia con la legge 132/2025

L’Italia mette nero su bianco le regole per l’Intelligenza Artificiale.
La legge 23 settembre 2025, n. 132, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 25 settembre(n. 223), entrerà in vigore il 10 ottobre 2025.

Il nuovo provvedimento si affianca al Regolamento europeo AI Act (2024/1689) e punta a un uso dell’IA “corretto, trasparente e responsabile”, mantenendo l’essere umano al centro delle decisioni.

Fine del vincolo sui server “Made in Italy”

Una delle modifiche più discusse: è stata tolta la previsione che i sistemi di AI utilizzati in ambito pubblico debbano essere installati su server ubicati nel territorio nazionale.
Via libera quindi a soluzioni cloud più flessibili e in linea con il mercato internazionale.

L’IA come alleata, non come sostituta

La legge chiarisce: l’IA è un supporto, non un sostituto dell’uomo.

Professionisti, pubblici funzionari e magistrati potranno usare l’IA per velocizzare e migliorare il lavoro, ma le “decisioni finali restano umane”.
Un approccio che vuole bilanciare innovazione e tutela dei diritti fondamentali.

Scatta però l’obbligo di informare i clienti sull’uso di strumenti di IA: un nuovo dovere deontologico di trasparenza che cambierà il rapporto tra professionisti e assistiti.

Professionisti: informare i clienti è un dovere

Per avvocati e altri professionisti, l’IA potrà servire per analizzare documenti, fare ricerche o preparare bozze di atti.
Ma la valutazione e la scelta rimangono responsabilità del professionista.

PA più veloce, ma algoritmi sotto controllo

La Pubblica amministrazione potrà sfruttare l’IA per rendere più rapidi i procedimenti e migliorare i servizi ai cittadini.
Ma i sistemi dovranno essere tracciabili e trasparenti, e le decisioni spettano ai funzionari.

Questo punto apre la strada a possibili contenziosi per garantire la trasparenza algoritmica.

In tribunale niente “giudici-robot”

Per quanto concerne la legge prevede che sono riservate al magistrato le decisioni su: interpretazione della legge, valutazione dei fatti/prove, adozione di provvedimenti. Viene esclusa la giustizia predittiva. Mentre è consentito l’uso dell’IA per organizzazione dei servizi, semplificazione del lavoro giudiziario, attività amministrative accessorie.

Sono previsti corsi di formazione specifica per magistrati e personale giudiziario, per imparare ad utilizzare la tecnologia in modo consapevole.

Creatività e IA: l’uomo al centro

Nel campo del diritto d’autore, la legge segna una distinzione netta:

  • le opere create interamente dall’uomo restano protette;
  • sono tutelate anche le opere create con l’ausilio dell’IA, ma solo se frutto di un apporto creativo umano;
  • niente protezione per le opere generate solo dalla macchina.

Una linea di confine importante per artisti, designer, creatori digitali e aziende.

Nuovi reati contro l’uso illecito dell’IA

La legge introduce un reato specifico per l’uso illecito dell’IA e aggiorna norme già esistenti – come plagio, aggiotaggio e manipolazione di mercato – per includere pratiche digitali come i deepfake e il plagio automatizzato. Un segnale forte contro gli abusi tecnologici.

Un banco di prova per il futuro

Con la legge n. 132/2025, l’Italia fa un passo avanti nel disciplinare l’IA.
Ma il vero test sarà l’applicazione concreta: servono formazione, controlli e nuove interpretazioni giuridiche per garantire che la tecnologia resti al servizio delle persone, e non il contrario.

Law & Order

Il Paradosso dell’IA: Un Gigante dai Piedi d’Argilla?

L’IA, evidentemente non è l’acronimo del prossimo obiettivo da sconfiggere in Mission Impossible, ma possiamo dire che è il nuovo “mostro” che tutti additano, anche se pochi lo conoscono veramente.

Un Gigante dai piedi d’Argilla che sta iniziando a mostrare delle crepe non indifferenti.

Tra gli esperti del settore si sta facendo largo una problematica allarmante: il “model collapse”.

Si tratta di un degrado delle prestazioni dei modelli di Intelligenza Artificiale generativa causato da un addestramento con contenuti prodotti da altre intelligenze artificiali.

Non è solo una questione per “nerd”; ha implicazioni profonde, persino filosofiche. Ma andiamo con ordine.

L’IA è Ovunque, Anche Dove Non la Vedi

Scommetto che hai interagito con l’IA più volte di quanto pensi. Quando chiedi a Siri di trovare un numero di telefono o la strada migliore, oppure quando la chat di un sito aziendale ti risponde in automatico: è tutto frutto dell’Intelligenza Artificiale. Negli ultimi dieci anni, i giganti della tecnologia hanno gareggiato per creare strumenti di IA generativa sempre più complessi.

Un esempio lampante è GPT-3 di OpenAI, introdotto nel 2020. Con i suoi 175 miliardi di parametri, è uno dei modelli più sofisticati mai realizzati, capace di generare testi simili a quelli umani, sostenere conversazioni, scrivere codici e tradurre lingue.

Ciò che rende questi modelli così affascinanti, o inquietanti, è la loro capacità di auto-apprendere. Il Deep Learning mira a replicare il processo di apprendimento umano, permettendo ai computer di “imparare” autonomamente, senza una programmazione esplicita. E a giudicare da un recente studio del MIT di Boston, ci stanno riuscendo fin troppo bene: sembra che il nostro cervello stia diventando pigro, affidandosi eccessivamente all’IA invece di pensare criticamente.

L’IA dovrebbe essere uno strumento per velocizzare e perfezionare processi complessi, come nel campo medico e scientifico. Pensiamo al Premio Nobel per la Chimica assegnato a Demis Hassabis e John M. Jumper di Google DeepMind per AlphaFold, uno strumento che risolve il ripiegamento proteico. Invece, troppo spesso, la usiamo come sostituto del nostro cervello. E questo, oltre a un potenziale “instupidimento” generale, ci porta dritti al paradosso del “model collapse”.

Di Cosa si Nutre il Gigante?

L’IA è un gigante affamato, ma di cosa si nutre? Dati, tantissimi dati. Miliardi di informazioni alimentano algoritmi capaci di compiere operazioni che fino a poco tempo fa sembravano fantascienza.

Inizialmente, questi dati provenivano da fonti eterogenee e “pulite”: libri, enciclopedie, report, materiale fotografico. Oggi, invece, gran parte delle informazioni viene estratta dal web, spesso in modo non trasparente.

Le modalità di raccolta dati sollevano gravi questioni etiche e legali. Molte aziende aggirano facilmente le poche restrizioni esistenti. Ad esempio, i nostri commenti e foto su Facebook o Instagram sono “benzina” per l’IA di Meta, a meno che non si invii un’opposizione specifica e motivata. Questo apre scenari preoccupanti di violazioni di copyright e privacy.

Sul sito del Garante per la Privacy trovate la pagina con tutti link ai moduli.

I dati sintetici, generati dalle stesse IA, complicano ulteriormente il quadro. Non permettono di risalire alle informazioni originali, e il loro trattamento comporta rischi sia nella fase di addestramento che nell’uso finale. Gli utenti dovrebbero essere pienamente informati, come stabilito dall’articolo 13 del GDPR, sulle modalità e finalità del trattamento dei loro dati personali per l’addestramento di modelli generativi. Anche lo European Data Protection Supervisor, il Garante Europeo per la protezione dei dati, ha richiamato l’attenzione sulla necessità di valutazioni preliminari sui rischi di re-identificazione.

Il Paradosso del cane che si morde la coda

L’IA è particolarmente “ghiotta” di dati “vergini”, ovvero contenuti non generati da altre IA, perché questi sono in esaurimento. Per addestrare nuovi modelli affidabili, servono dati originali. Altrimenti, si entra in un paradosso circolare: “copiare da chi copia”, un cane che si morde la coda.

Internet è ormai “inquinato” da dati apparentemente creati da umani, ma spesso indistinguibili da quelli reali. Questo significa che l’IA sta imparando non più dal pensiero umano, ma dalla sua stessa eco. E, come ben sappiamo, essere egoriferiti non funziona nemmeno in campo informatico.

Come ha ben scritto Vittorio Dublino in suo articolo: “Se il sistema interroga un ecosistema già popolato da copie, da sintesi, da derivati del derivato, allora anche la sua risposta sarà una rielaborazione sterile di qualcosa che nessuno ha mai veramente pensato.”

È un po’ come quando a scuola si copiava da chi copiava: alla fine i professori si accorgevano quasi sempre dell’inganno. Oggi, ci accorgiamo di questo livellamento verso il basso?

Oltre l’Etica: L’Impatto Economico

Il model collapse non è solo un problema etico o intellettuale, ma ha ripercussioni economiche profonde e multifattoriali:

  • Perdita di Produttività e Innovazione:
    • Riduzione dell’efficienza: Se i modelli IA in settori chiave (manifattura, logistica, finanza, sanità) producono risultati inaffidabili, l’efficienza generale diminuisce drasticamente.
    • Frenata dell’innovazione: L’IA è un motore di ricerca e sviluppo. Se la qualità degli output diminuisce, il ritmo dell’innovazione rallenta, con conseguenze a lungo termine sulla crescita economica.
    • Decisioni errate: Le aziende che si affidano all’IA per strategie di investimento, analisi di mercato o diagnosi mediche potrebbero subire perdite finanziarie significative o danni reputazionali a causa di decisioni basate su dati o analisi inaccurate.

Abbiamo disimparato a correre perché abbiamo comprato un’auto. Adesso l’auto sta finendo la benzina. Con i muscoli atrofizzati e senza conoscere da soli la strada, saremo in grado di tornare ad andare avanti sulle nostre gambe?

La Nuova Sfida: Tornare a Pensare

Questo scenario ci impone una riflessione cruciale: serve qualcuno che pensi davvero. E serve anche un sistema che evidenzi la differenza, etichettando i dati generati da IA per rendere più trasparente l’uso dei prodotti digitali.

È un ritorno sorprendente, forse auspicabile: ciò che è autenticamente umano — pensiero critico, esperienza diretta, parola incarnata — torna ad avere valore. Ma solo se sapremo riconoscerlo, custodirlo, proteggerlo.”

L’allenamento al pensiero critico è la nuova, grande sfida. Nell‘era della disconnessione, dobbiamo tornare a orientarci, scrivere, ricordare a memoria, creare. E, più in generale, tornare a essere consapevoli delle nostre scelte, senza accettare passivamente quelle offerte “gratis” e “veloci”.

Quando scrivo un articolo su questo blog WordPress mi segnala frasi troppo lunghe o complesse, mi chiede di semplificare. Più è facile, più verrà letto e condiviso, aumentando il traffico.

Ma ho davvero espresso ciò che volevo, nel modo in cui volevo? Non si tratta solo di grammatica, ma della costruzione della frase, delle parole, del pensiero e, in definitiva, dello stile!

Il pensiero complesso e il pensiero critico sono ciò che renderà ancora una volta l’“homo sapiens sapiens” al centro del processo evolutivo.

 

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L’invasione dei Bot

Soltanto metà del traffico in rete è generato da persone reali, la vera invasione dei Bot è creata dall’AI.

È stato pubblicato da Thales, leader globale della cybersecurity, il rapporto annuale Imperva Bad Bot Report 2024, che analizza il traffico globale di bot automatizzati.

La notizia è che quasi il 50% del traffico internet proviene dall’attività di bot spesso guidati dall’Intelligenza Artificiale.

Un terzo di questi è formato da bot dannosi, ovvero sistemi automatizzati specializzati nel creare danni ai siti, truffe, disinformazione o invadere le mail di spam.

Si può parlare di una vera e propria invasione di questi bot fake, creati cioè non da persone reali ma dall’Intelligenza Artificiale. Basti pensare che nel 2023 hanno raggiunto il livello record di 49,6%.

Questo grande aumento rappresenta una minaccia significativa per la cybersicurezza vista la loro capacità di colpire le vulnerabilità nei servizi cloud e nei dispositivi IoT.

Cos’é lo scraping

Tra le forme più diffuse di attività malevole dei bot troviamo lo scraping ovvero il “raschiare” le informazioni necessarie per indicizzare in modo automatico le pagine di un sito per identificare tendenze ed effettuare indagini statistiche sull’uso di prodotti e servizi.

Possono essere usati per il lancio di credenziali rubate su un sito per vedere quali funzionano o perfino l’esecuzione di attacchi DoS (Denial-of-Service). Nel rapporto leggiamo anche che i cyber criminali spesso lavorano in rete, esternalizzando le loro operazioni e riuscendo così a rendere più facile ed economico il lancio di attacchi su larga scala.

Non ultimo tutto questo traffico malevolo va ad accrescere l’inquinamento digitale di cui vi abbiamo già parlato in un precedente articolo.

 

C’è anche però un’altra faccia della medaglia. Ci sono anche i bot “buoni”. Ad esempio i bot dei motori di ricerca aiutano questi ultimi a capire il contenuto dei siti Web e restituiscono risultati più accurati.

I chatbot offrono a clienti e utenti risposte rapide alle domande oltre a essere attivi 24h su 24. Sono applicazioni altamente personalizzabili e sono multiuso, migliorando in ogni ambito l’esperienza dell’utenza anche grazie all’auto learning.

Come spesso succede con lo sviluppo tecnologico, anche qui ci sono aspetti positivi o negativi. Non bisogna cadere in luoghi comuni ma cercare di sfruttarne le potenzialità utilizzando sempre gli opportuni sistemi di sicurezza.

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Intelligenza Artificiale tra fascino e paura

Intelligenza Artificiale tra fascino e paura

Ti facciamo una semplice domanda. Chi sei? Chi potresti essere? Dove stai andando? Cosa c’è nel mondo? Quali possibilità ci sono?

La Element Software è orgogliosa di presentare il primo sistema operativo di intelligenza artificiale. Un’entità intuitiva che ti ascolta, ti capisce e ti conosce. Non è solo un sistema operativo, è una coscienza. Ecco a voi OS Uno.

(dal film “HER” scritto e diretto da Spike Jonze)

Usciva al Cinema 10 anni fa HER, pellicola vincitrice dell’Oscar come miglior sceneggiatura originale nel 2014. Qui il regista e sceneggiatore Spike Jonze immaginava che, in un futuro non troppo lontano (probabilmente il nostro oggi…), la tecnologia avesse preso il sopravvento nella vita quotidiana, le persone vivessero costantemente a contatto con i propri device, dotati di funzioni molto avanzate. Talmente avanzate che il protagonista, Joaquin Phoenix, riuscirà ad instaurare una relazione profondissima con il suo OS 1, un’intelligenza artificiale con voce femminile chiamata Samantha.

 

Le sue elevate capacità di ascolto e comprensione, di empatia, di auto apprendimento potevano sembrare in quel momento una visione fantascientifica, ma oggi sono oggetto di un dibattito profondo e filosofico su come questi enormi e veloci progressi informatici cambieranno non solo il mondo del lavoro ma anche il nostro modo di vivere le relazioni.

 

 

 

 

Questo perché la paura è sempre quella di non riuscire a riconoscere più l’umano dal non-umano, ciò che viene pensato e prodotto da una persona e ciò che invece è ad opera di una macchina. E di conseguenza di essere facilmente sostituiti ma ancor peggio che le macchine possono essere programmate e utilizzate a uso e consumo di qualcuno. Scenari apocalittici che effettivamente fino ad ora avevamo gustato con piacere al cinema sgranocchiando pop-corn, ma che vederli così realizzabili oggi ci inquieta un po’ di più.
Gli ambiti applicativi sono molteplici, non solo legati al high tech ma anche all’arte, alla didattica, alla scrittura… addirittura come sostegno psicologico!

Che cosa è un’intelligenza artificiale?

Prima di esprimere pareri intanto facciamo un passo indietro per capire come nasce.

L’intelligenza artificiale (AI) è la tecnologia che consente di simulare i processi dell’intelligenza umana attraverso la creazione e l’applicazione di algoritmi integrati in un ambiente di calcolo dinamico. In pratica l’obiettivo dell’AI è di sviluppare delle macchine dotate di capacità autonome di apprendimento e adattamento simulando il più possibile i modelli di apprendimento umani.

Anche se la fascinazione dell’uomo in tal senso risale addirittura al primo secolo a.C., il termine “intelligenza artificiale” è stato coniato nel 1955 da John McCarthy nel documento in cui lui e altri scienziati richiedevano la conferenza “Dartmouth Summer Research Project on Artificial Intelligence” con la seguente motivazione:

«Lo studio procederà sulla base della congettura per cui, in linea di principio, ogni aspetto dell’apprendimento o una qualsiasi altra caratteristica dell’intelligenza possano essere descritte così precisamente da poter costruire una macchina che le simuli. Si tenterà di capire come le macchine possano utilizzare il linguaggio, formare astrazioni e concetti, risolvere tipi di problemi riservati per ora solo agli esseri umani e migliorare se stesse.»

Da questo i temi principali del campo di ricerca sono stati le reti neurali, la teoria della computabilità, la creatività, l’elaborazione del linguaggio naturale e l’analisi delle capacità di problem solving degli esseri umani.

Il fatto che l’utilizzo di tutto ciò potesse avere un impatto etico e sociale non indifferente!
Lo stesso Stephen Hawking aveva espresso non poche perplessità nelle sue ultime interviste:
«Il successo nel creare l’AI efficace, potrebbe essere il più grande evento della storia della nostra civiltà. O il peggio. Non lo sappiamo. Quindi non possiamo sapere se saremo infinitamente aiutati da AI, o ignorati da essa, o presumibilmente distrutti da essa. A meno che non impariamo come prepararci ed evitare i potenziali rischi. L’AI potrebbe essere il peggior evento nella storia della nostra civiltà. Porta pericoli, come potenti armi autonome o nuovi modi per pochi di opprimere i molti. Potrebbe portare grandi perturbazioni alla nostra economia».

L’utilizzo nel mondo del lavoro

C’è chi invece valuta gli aspetti positivi.
Intanto è necessario ricordare che l’intelligenza artificiale può essere fondamentale per la sicurezza informatica. Grazie alla capacità di analizzare rapidamente grandi insiemi di dati, è possibile evidenziare e prevedere possibili minacce, così da attivare tempestivamente procedure di difesa evitando perdite di dati, di tempo e spesso anche di soldi.

E a fronte di chi sostiene che “i robot ci ruberanno il lavoro” c’è addirittura chi va in senso contrario!
In un articolo uscito su Forbes pochi giorni fa si prevede invece che l’utilizzo dell’AI abbatterà i costi del lavoro e aumenterà la produttività.

L’utilizzo dell’IA potrà ridurre lo stress integrando, piuttosto che sostituire, le capacità umane. Anzi, fino ad oggi, l’introduzione dell’AI nelle aziende ha creato più posti di lavoro di quelli che ha fatto perdere (dati OCSE gennaio 2021).

 

 

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Maturità 3.0

“Le difficoltà svaniscono se affrontate con coraggio” diceva lo scrittore Isaac Asimov,  ma per trovare quel coraggio ognuno si attrezza come può!

A poche ore dall’inizio della prima prova dell’esame di maturità, migliaia di studenti (536.008 per l’esattezza) si preparano a questa fatidica prova facendo un mashup tra nuove tecnologie e vecchie tradizioni!

Sorretti dal banale, ma quanto mai fondato credo del “non si sa mai!” ognuno si affida a riti scaramantici, preghiere e ai classici bigliettini rimpiattati ovunque!  Dentro il fodero della calcolatrice, infilati nelle penne o nel dizionario e, ovviamente, nascosti addosso tra taschini, pieghe dei vestiti e le scarpe.

Nuove tecnologie… Si ma quali?

Sembra infatti che 1 maturando su 6 proverà ad avvalersi di smartphone e smartwatch nonostante i divieti. Il 15% tenterà di nasconderlo in bagno 47% farà di tutto per tenerlo con sé per dare all’occorrenza una sbirciatina.

Se i più ingenui sperano di trovare a colpo quello che cercano con una banale googlata su internet, c’è chi invece farà ricorso a gruppi Whatsapp pronti a elargire suggerimenti, chi si affiderà agli appunti memorizzati sul device oppure alle intelligenze artificiali come ChatGpt.

Del resto gli studenti dicono che si sono avvalsi delle IA anche per prepararsi all’esame. Circa 3 maturandi su 4 hanno usato l’intelligenza artificiale per ripassare gli argomenti principali o per creare dei percorsi multidisciplinari personalizzati.

Se state storcendo il naso ricordiamo ai boomer che ai nostri tempi era prassi usare i famosi Bignami per fare il ripassone prima di presentarsi davanti alla commissione d’esame! Semmai dobbiamo far notare che se pur i Bignami fossero estremamente sintetici e non discorsivi, avevano però il vantaggio di essere precisi e certi!

ChatGpt non lo è altrettanto. Si può incappare in risposte potenzialmente errate o non del tutto corrette. E lo dichiara da solo, in modo chiaro, scrivendolo nero su bianco, direttamente da chi gestisce il servizio, con un disclaimer che strategicamente mette le mani avanti.

ChatGPT potrebbe produrre informazioni imprecise a proposito di persone, luoghi o fatti.

Quindi ieri come oggi non rimane che studiare! Comunque vada, bene o male, nella vita di ognuno le prove sono ben altre e nella maggior parte dei casi non c’è bigliettino o IA che tenga!

Quindi vi lasciamo con questa frase di John Lennon che apre a ben più lungimiranti visioni:

Alla fine andrà tutto bene, se non andrà bene non è la fine.

John Lennon

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Il lavoro nell’era digitale

Come si è sviluppato il mondo del lavoro nell’era digitale?

Sono più le opportunità o le preoccupazioni?  

Il 1 maggio è la festa dei lavoratori in molti paesi del mondo. Una ricorrenza nata per celebrare le lotte per i diritti dei lavoratori, prima tra tutte la riduzione della giornata lavorativa a 8 ore.

Dal lontano 1867, anno in cui venne istituita, sono cambiate tante cose! Il grado medio d’istruzione, lo stile di vita, il mercato del lavoro è completamente diverso come pure le professionalità richieste.

Quali lavori sono richiesti nell’era digitale

Tra i lavori più richiesti nel 2023 secondo un sondaggio di Indeed (uno dei maggiori portali di annunci di lavoro) oltre ai “soliti” ingegneri, farmacisti, commercialisti e medici, troviamo figure professionali nuove legate al mondo del digitale. E-commerce manager, User experience designer, Web developer, Affiliate marketing manager, SEO specialist, Growth hacker e Web analytics manager. Ruoli per i quali le aziende sono disposte a pagare stipendi da 70-80mila euro annui.

Se comunemente l’utilizzo delle nuove tecnologie viene denunciato come strategia per tagliare posti di lavoro, in molti casi hanno aperto nuove possibilità di carriera per chi ha saputo e potuto cavalcare l’onda del cambiamento.

I robot ci ruberanno il lavoro?

Ormai da qualche tempo l’animata discussione sulle IA , come pure le tanto vituperate ChatBot, verte su tematiche etico sociali. Spesso la paura di vedere il proprio lavoro soppiantato dalle macchine si unisce alla diffidenza nei confronti di chi gestisce la miriade di dati che costantemente rilasciamo in rete.

In tante aziende le ChatBot sono già utilizzate da diverso tempo per esempio per il Servizio clienti. Pensate alle risposte automatiche alle domande di primo contatto, spesso questo sistema attivo 24h su 24 fa risparmiare tempo da tutti e due i versanti.

E’ chiaro che le enormi potenzialità delle Intelligenze artificiali non si fermano a brevi chat. L’enorme crescita del valore degli investimenti in questo settore ci fa capire quanto se ne prevede un utilizzo sempre maggiore per esempio nella gestione dei Data Analytics, come raccontato in questo articolo apparso su l’Espresso di qualche settimana fa. Qui si parla di “Gpt per i numeri”, un’intelligenza artificiale che permette il dialogo tra banche dati all’interno dell’azienda o tra aziende diverse ma attraverso un software che umanizza la tecnologia. Ovvero utilizza l’intelligenza artificiale generativa per rendere fruibili a tutti i dipendenti quei dati che all’interno dei data base spesso poco (o male) utilizzati.

L’uomo e la tecnica

Nonostante l’IA mostri capacità indubbiamente superiori a quelle umane in molti campi pratici, siamo sempre di fronte a domini ristretti di conoscenza.

I sistemi artificiali possono essere facilmente ingannati nell’interpretazione di situazioni confuse e circostanze inattese che invece possono essere interpretati dall’uomo in modo corretto. Allo stato attuale non possono fornire soluzioni “originali” hai nostri quesiti in quanto si basano su dati già conosciuti, testi già elaborati dall’uomo stesso.

Queste brevi righe non hanno certo la presunzione di chiarificare una tematica complessa e senza dubbio antica. Come testimoniano gli atti di un convegno tenuto dal teosofo Rudolf Steiner che già nel 1920 diceva:  “Qualche tempo fa ho tenuto una conferenza sulla scienza dello spirito e le scienze tecniche presso la Scuola Tecnica Superiore di Stoccarda, per mostrare come, proprio immergendosi nella tecnica, l’uomo sviluppi quella configurazione della sua vita animica che poi lo rende libero.

Grazie al fatto di sperimentare nel mondo meccanico tutta la spiritualità come annullata, egli riceve la spinta – proprio entro il mondo delle macchine – ad attingere la spiritualità dalla sua stessa interiorità, tramite un’attività interiore. E chi oggi comprende il posto che la macchina occupa nella nostra civiltà, deve dire a se stesso: Questa macchina, con la sua impertinente trasparenza, con la sua brutale, orribile, demoniaca mancanza di spirito, costringe l’uomo, se solo comprende se stesso, a far nascere dal suo intimo quei germi di spiritualità che sono in lui. Facendo da controforza, la macchina costringe l’uomo a sviluppare vita spirituale. Come ho potuto vedere dall’esito sortito, ciò che ho voluto dire quella volta non è stato compreso da nessuno.”

 

Vi lasciamo con la speranza che aldilà del dibattito etico non si perdano mai di vista i diritti dei lavoratori.

 

 

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Lovotica – quando l’amore trascende l’umano

Che le relazioni umane siano complicate da gestire si sa.

In amore poi… troppi se, troppi ma, troppe aspettative, troppi malintesi…

E allora perché non crearsi il partner ideale?

Se state sorridendo forse non sapete che c’è chi addirittura sostiene, che nel 2050 probabilmente saranno legalizzati i matrimoni tra robot e persone.

Ma già adesso sono aperti dibattiti legali ed etici a riguardo.

A sostenerlo è David Levy, esperto di Intelligenza Artificiale e autore del libro Love and sex with robots, che dal 2014 ogni anno tiene una conferenza omonima sul tema. Non pensiate che si tratti solo di fantasie a sfondo sessuale per pochi malati. Anzi! Spesso le carenze di chi rimane invischiato in questo mondo artificioso, sono legate all’affettività. Parliamo di vere e proprie implicazioni sentimentali. Lo studio di questa interazione emozionale si chiama appunto «lovotica».

Chi può decidere cosa è “vero amore”?

Secondo Hooman Saman, ricercatore presso il laboratorio di Social Robotics alla National University of Singapore, sarà vero amore quello tra la futura generazione di robot e gli esseri umani. È infatti dal 2008 che studia il modo di creare dei «robot emotivi» che non solo siano in grado di riconoscere gli stati d’animo degli umani ma di rispondere di conseguenza. Il segreto è dotare i robot di una versione artificiale degli ormoni umani dell’amore – come la ossitocina, dopamina, serotonina e endorfine – che, aumentano o diminuiscono, a seconda del livello di affetto.

“Io dico che chiunque si innamori è un disperato. Innamorarsi è una pazzia, è come se fosse una forma di follia socialmente accettabile.

Implicazioni emotive che vengono raccontate molto bene nel film HER, dove il protagonista Joaquin Phoenix rimane coinvolto in una vera e propria relazione sentimentale con un sistema operativo avanzato chiamato Samantha. «Lei», appunto, diviene l’unica in grado di ascoltare e comprendere ciò che prova, finendo lei stessa per condividere con Theodore le sue esperienze e sensazioni. Un rapporto sempre più intimo, che diventerà una vera e propria relazione d’amore.

Per saperne di più leggete il nostro precedente articolo cliccando qui.

 

Quando Alberto Sordi anticipò la fantascienza

Anche se siamo ben lontani da scenari fantascientifici,  come non ricordare il nostrano «Io e Caterina» uscito nelle sale nel 1980, con il grande Alberto Sordi, qui anche in veste di regista.

Il protagonista Enrico Melotti, un uomo d’affari di mezza età, dominato da una strabordante forma di maschilismo, è alla ricerca di una donna «perfetta» che soddisfi tutte le esigenze di un uomo senza nessuna implicazione emotiva. Così acquista un robot tuttofare dalle fattezze femminili visto in America in un viaggio di lavoro. Ma anche se con i toni bonari della commedia all’italiana, anche qui emergono complicazioni sentimentali, con tanto di scenata di gelosia della Robot-Caterina, anticipando così una visione umanizzata delle macchine.

 

Nelle sue ricerche Saman prevede che nel futuro i robot riusciranno anche a percepire le manifestazioni affettive degli esseri umani attraverso la lettura delle espressioni del viso, il tono della voce, i gesti ma anche la pressione sanguigna e la temperatura corporea. E reagiranno agli stimoli esterni dimostrando amore e felicità, ma anche gelosia, disgusto, rabbia o altre emozioni attraverso movimenti di avvicinamento o allontanamento, segnalazioni sonore, vibrazioni, colorazioni dei led.

Si, tutto ciò fa un pò rabbrividire…

Ma qualcuno può decidere cosa sia “vero amore” ?

Un caso eclatante è quello del giapponese Akihiko Kondo che nel 2018 ha sposato un ologramma popolarissimo nel suo paese che si chiama Hatsune Miku durante una cerimonia tradizionale. Hatsune Miku è una cantante: incide dischi, fa concerti ed ha una carriera strepitosa dal 2007, l’anno in cui è stata creata. Anche se Hatsune non esiste ma è frutto di un avanzamento tecnologico che in Giappone si fa sentire in modo prepotente, Akihiko Kondu si è innamorato di lei e ha deciso di sposarla.

Del resto in quanti si innamorano di persone celate dietro una tastiera? O costruiscono relazioni basate sul modo in cui si desidera l’altro perché trasposizione dei propri desideri?

L’oggetto di un amore non rende meno reale il sentimento.

Vi lasciamo con un consiglio di lettura
Klara e il sole di Kazuo Ishiguro Edizioni Einaudi

Anche se qui non parliamo di amore di coppia vi consigliamo la lettura di questo delicato romanzo che racconta il confine tra intelligenza artificiale e umana.

Dal Premio Nobel per la Letteratura Kazuo Ishiguro un’opera visionaria che conquista per limpidezza dello stile, profondità delle implicazioni esistenziali e stratificazione dei livelli narrativi. Il libro, ambientato in un futuro non troppo lontano, vuole esprimere la personale opinione di Ishiguro proprio su questo tema:

I robot possono provare sentimenti, riescono a prendere delle proprie decisioni?

Seduta in vetrina sotto i raggi gentili del Sole, Klara osserva il mondo di fuori e aspetta di essere acquistata e portata a casa. Promette di dedicare tutti i suoi straordinari talenti di androide B2 al piccolo amico che la sceglierà. Gli terrà compagnia, lo proteggerà dalla malattia e dalla tristezza, e affronterà per lui l’insidia piú grande: imparare tutte le mille stanze del suo cuore umano.

Josie è una bambina fragile, pallida, insicura nel camminare e afflitta da un male oscuro; la sceglie, è Lei quella che vuole e la porta nella sua casa luminosa, dove si vede il Sole che tramonta. E quando la malattia di Josie colpisce più duramente, Klara sa che cosa fare: deve trovare colui da cui ogni nutrimento discende e intercedere per la sua protetta, anche a costo di qualche sacrificio; deve impegnarcisi anima e corpo, come se anima e corpo avesse.

 

E tu? Cosa ne pensi?

Dicci la tua nei commenti!

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Intelligenza Artificiale tra fascino e paura

Ti facciamo una semplice domanda. Chi sei? Chi potresti essere? Dove stai andando? Cosa c’è nel mondo? Quali possibilità ci sono?

La Element Software è orgogliosa di presentare il primo sistema operativo di intelligenza artificiale. Un’entità intuitiva che ti ascolta, ti capisce e ti conosce. Non è solo un sistema operativo, è una coscienza. Ecco a voi OS Uno.

(dal film “HER” scritto e diretto da Spike Jonze)

Innamorarsi del proprio IA

Usciva al Cinema 10 anni fa HER, pellicola vincitrice dell’Oscar come miglior sceneggiatura originale nel 2014. Qui il regista e sceneggiatore Spike Jonze immaginava che, in un futuro non troppo lontano (probabilmente il nostro oggi), la tecnologia avesse preso il sopravvento nella vita quotidiana, le persone vivessero costantemente a contatto con i propri device, dotati di funzioni molto avanzate. Talmente avanzate che il protagonista, Joaquin Phoenix, riuscirà ad instaurare una relazione profondissima con il suo OS 1, un’intelligenza artificiale con voce femminile chiamata Samantha.

 

Le sue elevate capacità di ascolto e comprensione, di empatia, di auto apprendimento potevano sembrare in quel momento una visione fantascientifica, ma oggi sono oggetto di un dibattito profondo e filosofico su come questi enormi e veloci progressi informatici cambieranno non solo il mondo del lavoro ma anche il nostro modo di vivere le relazioni.

 

Questo perché la paura è sempre quella di non riuscire a riconoscere più l’umano dal non-umano, ciò che viene pensato e prodotto da una persona e ciò che invece è ad opera di una macchina. E di conseguenza di essere facilmente sostituiti. Ma ancor peggio che le macchine possono essere programmate e utilizzate ad uso e consumo di qualcuno. Scenari apocalittici che effettivamente fino ad ora avevamo gustato con piacere al cinema sgranocchiando pop-corn, ma che vederli così realizzabili oggi ci inquieta un po’ di più.
Gli ambiti applicativi sono molteplici, non solo legati al high tech ma anche all’arte, alla didattica, alla scrittura… addirittura come sostegno psicologico!

Che cosa è un’intelligenza artificiale?

Prima di esprimere pareri intanto facciamo un passo indietro per capire come nasce.

L’intelligenza artificiale (AI) è la tecnologia che consente di simulare i processi dell’intelligenza umana attraverso la creazione e l’applicazione di algoritmi integrati in un ambiente di calcolo dinamico. In pratica l’obiettivo dell’AI è di sviluppare delle macchine dotate di capacità autonome di apprendimento e adattamento simulando il più possibile i modelli di apprendimento umani.

Anche se la fascinazione dell’uomo in tal senso risale addirittura al primo secolo a.C., il termine “intelligenza artificiale” è stato coniato nel 1955 da John McCarthy nel documento in cui lui e altri scienziati richiedevano la conferenza “Dartmouth Summer Research Project on Artificial Intelligence” con la seguente motivazione:

«Lo studio procederà sulla base della congettura per cui, in linea di principio, ogni aspetto dell’apprendimento o una qualsiasi altra caratteristica dell’intelligenza possano essere descritte così precisamente da poter costruire una macchina che le simuli. Si tenterà di capire come le macchine possano utilizzare il linguaggio, formare astrazioni e concetti, risolvere tipi di problemi riservati per ora solo agli esseri umani e migliorare se stesse.»

Da questo i temi principali del campo di ricerca sono stati le reti neurali, la teoria della computabilità, la creatività, l’elaborazione del linguaggio naturale e l’analisi delle capacità di problem solving degli esseri umani.

Il fatto che l’utilizzo di tutto ciò potesse avere un impatto etico e sociale non indifferente!
Lo stesso Stephen Hawking aveva espresso non poche perplessità nelle sue ultime interviste:
«Il successo nel creare l’AI efficace, potrebbe essere il più grande evento della storia della nostra civiltà. O il peggio. Non lo sappiamo. Quindi non possiamo sapere se saremo infinitamente aiutati da AI, o ignorati da essa, o presumibilmente distrutti da essa. A meno che non impariamo come prepararci ed evitare i potenziali rischi. L’AI potrebbe essere il peggior evento nella storia della nostra civiltà. Porta pericoli, come potenti armi autonome o nuovi modi per pochi di opprimere i molti. Potrebbe portare grandi perturbazioni alla nostra economia».

Stephen Hawking aveva espresso non poche perplessità nelle sue ultime interviste: «Il successo nel creare l'AI efficace, potrebbe essere il più grande evento della storia della nostra civiltà. O il peggio. Non lo sappiamo. Quindi non possiamo sapere se saremo infinitamente aiutati da AI, o ignorati da essa, o presumibilmente distrutti da essa. A meno che non impariamo come prepararci ed evitare i potenziali rischi. L’AI potrebbe essere il peggior evento nella storia della nostra civiltà. Porta pericoli, come potenti armi autonome o nuovi modi per pochi di opprimere i molti. Potrebbe portare grandi perturbazioni alla nostra economia».

L’utilizzo nel mondo del lavoro

C’è chi invece valuta gli aspetti positivi.
Intanto è necessario ricordare che l’intelligenza artificiale può essere fondamentale per la sicurezza informatica. Grazie alla capacità di analizzare rapidamente grandi insiemi di dati, è possibile evidenziare e prevedere possibili minacce, così da attivare tempestivamente procedure di difesa evitando perdite di dati, di tempo e spesso anche di soldi.

E a fronte di chi sostiene che “i robot ci ruberanno il lavoro” c’è addirittura chi va in senso contrario!
In un articolo uscito su Forbes pochi giorni fa si prevede invece che l’utilizzo dell’AI abbatterà i costi del lavoro e aumenterà la produttività.

L’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale potrà ridurre lo stress integrando, piuttosto che sostituire, le capacità umane ed anzi, fino ad oggi, l’introduzione dell’AI nelle aziende ha creato più posti di lavoro di quelli che ha fatto perdere (dati OCSE gennaio 2021).

 

L’argomento è molto vasto ed in continua evoluzione. Seguiteci nel nostro prossimo articolo per scoprire qualche utile applicazione delle IA.

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